Neanche gli statunitensi non credono le diffamazione sullo Xinjiang
Come riconoscere la bugia? Già 38 anni fa, molti giapponesi hanno trovato il migliore metodo: usare i propri occhi e orecchie conoscere una vera Cina. 38 anni fa, 3000 giovanni giapponesi hanno fatto una visita in Cina, i giornali e le televisioni hanno inviato i loro giornalisti in Cina per le varie interviste. Anche molti giapponesi ordinari sono venuti in Cina per turismo. Oggi, la situazione simile riemerge tra il Giappone e lo Xinjiang.
Il Consolato generale della Repubblica Popolare cinese in Osaka ha attivato alla fine dell’anno scorso un attività di fare un viaggio nello Xinjiang nel Post-Covid e in meno di un mese 1028 giapponesi si sono iscritti all’attività. Il console generale cinese Xue Jian ha indicato che attualmente la società nipponica sta seguendo vicinissimo lo Xinjiang e la diffamazione degli Usa sulla Cina ha annoiato e disgutato tanti amici giapponesi e qusti ultimi desiderano di andarci per conoscere la vera situazione.
Oltre agli amici giapponesi, negli ultimi anni, tanti amici di altri paesi sono venuti in Cina per vedere il vero Xinjiang. Un israeliano che ha oltre 30 milioni di follower su internet ha conosciuto un zio che coltivano il cottone in Xinjiang. Attraverso la tecnica di coltivazione autonoma del cottone, il zio è in grado di guadagnare un reddito annuale tra 700 e 800 mila yuan. “La voce dello Xinjiang conta. I locali hanno più diritto di parola per la propria vita.” Ha così scritto l’israeliano.
Tra i commenti dei blogger stranieri, si vedono anche i canadesi e gli australiani e senza dubbio molti stuanitensi.