Su Dan, un curatore che viaggia tra Cina e Italia per raccontare le storie romantiche dello spazio
Prof. Su: il “Design Utopia 1880-1980”: 100 Years of Design History. The Biagetti-Koeing Collection” è una narrazione molto completa e rappresentativa; tutti i capolavori ospitati nella mostra vengono dalla collezione dell’italiano Biagetti-Koeing che ci racconta una serie di storie di design del mondo dal 1880 al 1980. Si tratta di usare oggetti per raccontare la storia del design, delle persone che ci sono dietro, della produzione industriale, delle città, del processo di globalizzazione. L’utopia mira a risolvere la questione della felicità degli esseri umani e il modernismo è un’importante parola chiave. Le prime rappresentazioni del modernismo dei primi anni hanno subito le battute d'arresto e l’introspezione del periodo successivo alla I e II Guerra Mondiale. Dopo il post-modernismo, che si è concentrato maggiormente sull'individuo e sul rispetto reciproco tra le diversità, le persone sembrano essere diventate un concetto astratto, statico. Il design italiano sorge proprio a partire dagli anni ’70 dello scorso secolo, portando una profonda influenza in tutto il mondo.
Si può sentire il calore umano nei sentieri e nei vicoli di Pechino
Cinitalia: Torniamo al concetto di spazio. Quali sono gli spazi di Pechino che Le piacciono di più?
Prof. Su: tra i siti storici preferisco il Tempio del Cielo perché esso racconta il rapporto tra Cielo, Terra e Uomo. La sua narrazione spaziale è tale che, quando entriamo in questo spazio, attraversando due cortili, riusciamo a vedere il complesso di livello più alto, a cui la gente deve guardare con senso di rispetto e soggezione. È inoltre presente una estesa area verde simbolica e altamente spirituale.
L’Inside-Out Art Building è un altro luogo che amo tanto. Si tratta del mio studio artistico a Pechino. Questo luogo, nel quale mi trovo da solo da dieci anni, è molto importante per me: qui mi godo la solitudine e riesco a vivere un intero mondo tutto mio, immerso nei miei pensieri, dialogando con me stesso e acquisendo gradualmente una sempre più profonda conoscenza della mia persona.
Amo passeggiare per le strade strette e nei quartieri non moderni di Beijing e porto sempre mio figlio a mangiare tra le bancarelle nel Villaggio Heita. Questi luoghi sono pieni di vita e di energia: gli uomini siedono intorno alla tavola per mangiare con il dorso scoperto, le galline dormono nelle gabbie e i gatti corrono sui tetti delle case. Qui si trovano persone che sono arrivate da poco tempo a Beijing; dappertutto si può sentire il calore umano.
Ciascuno di noi è un decodificatore
Cinitalia: quali nuove idee ha per il futuro? Su quali temi si concentrerà? Se Le viene chiesto di progettare una nuova mostra, quali elementi cinesi vuole fare conoscere all’Italia?
Prof. Su: Nel futuro, voglio fare mostre a tema gastronomico; voglio ad esempio mostrare come un ottimo chef cinese sceglie i condimenti, gli ingredienti e come si costruisce il rapporto con i commensali. Mi ricordo una piccola storia: un uomo festeggia il suo compleanno; uno chef di alto livello gli dice: “lascia che io ti prepari un piatto di spaghetti in brodo come faceva tua madre”. Inizia così a replicare la ricetta, utilizzando gli stessi ingredienti che utilizzava sua mamma; lo chef riesce ad eguagliare in tutto e per tutto il sapore del piatto che il cliente mangiava da bambino. Quest’uomo assapora la pietanza con le lacrime agli occhi.
Penso che l'arte e il design debbano concentrarsi sulle persone: se si rispettano le persone, si scopre che la modernità è tutt'altro che sufficiente. Un buon livello di organizzazione espositiva si raggiunge con la presentazione dei materiali, che lo spettatore può poi mettere in ordine seguendo la propria logica; i risultati finali della mostra potrebbero essere infiniti. Ciascuno di noi è un decodificatore e quando visita una mostra segue il proprio processo di decodifica.