[In altre parole] Lo sviluppo dello Xinjiang: cuore pulsante della BRI
Nei piani della leadership cinese lo Xinjiang ha una rilevanza nazionale in termini di sviluppo e autogoverno. Il grado di autonomia sviluppato a partire dall'introduzione della regione autonoma nel 1955, dieci anni prima del Tibet, assieme al determinante ruolo dei cosiddetti Corpi di Produzione e Costruzione, ancora oggi operativi, ha consentito allo Xinjiang di migliorare nettamente le condizioni di vita della popolazione rispetto ai livelli precedenti al 1949.
Tra il 1952 e il 2020, il PIL regionale è cresciuto di 1.744 volte per una quota pro-capite passata da 166 a 53.593 RMB. Ai passi in avanti economici sono corrisposti progressi nell'ambito della sanità e dello stile di vita, con un'aspettativa media di vita alla nascita salita dai 30 anni del 1949 ai 74,7 del 2019.
Radicalmente trasformato anche il settore dell'istruzione e della formazione, come mostrano in particolare i successi professionali, sia in patria che all'estero, dei giovani delle ultime generazioni. Nel 1949, lo Xinjiang contava una sola università, 9 scuole secondarie e 1.355 scuole primarie, dove meno del 20% dei bambini in età scolare ricevevano l'istruzione, mantenendo un tasso di analfabetismo superiore al 90%. Oggi ci sono 3.641 scuole primarie, 1.211 scuole secondarie, 147 istituti professionali (escluse le scuole di specializzazione per tecnici), 56 università e 6 istituti di formazione per adulti. Il tasso di iscrizione alle istituzioni prescolastiche supera il 98%, alle scuole primarie raggiunge quasi il 100%, il completamento dei nove anni dell'obbligo supera il 95% mentre l'iscrizione alle superiori oltrepassa il 98%.
Sempre respinte negli ultimi anni dal governo cinese, le accuse di alcuni governi e organizzazioni occidentali in merito a presunte violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione di etnia Uigura, ritenuta vittima di internamenti e carcerazioni arbitrarie, non hanno mai trovato oggettivo riscontro nelle testimonianze dei numerosi ministri, funzionari, analisti e giornalisti stranieri, compresi quelli provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, che hanno visitato personalmente lo Xinjiang.
L'autore è Fabio Massimo Parenti, Professore di Economia Politica Internazionale